Net.trauma
L’approccio decostruttivo al medium, dalle lontane origini dadaiste (l’ascia offerta da Ernst allo spettatore in una delle sue prime mostre) e neodada (le macchine autodistruttive di Tinguely), approccio fertile anche nel video (il magnete di Nam June Paik), è nel dna di molta net art. Vuk Cosic ha dichiarato di aver lavorato molto sulle sue iniziali incapacità, che causavano il sistematico crash del browser, e proprio Cosic è, insieme a Shulgin, Olia Lialina, Heat Bunting e Saul Albert, uno dei padri dichiarati del progetto net.trauma. Pagine che si clonano ad un ritmo vertiginoso (crash), finestre che creano due copie di se stesse ogni volta che si tenta di chiuderle (blank), cicli infiniti di pop-up e alert (bind), link che puntano a pagine inesistenti (403forbidden) o ad altre che ripropongono in ordine sparso e secondo una logica inconsistente le lettere che compongono il nome del link (empty gesture). E, ancora, una pagina divisa in 16 frames che ripropone altrettanti motori di ricerca secondo un iper-funzionalismo che di fatto li rende inutilizzabili (framed), o una serie di ‘weird’, neologismi (nati spesso da errori di scrittura) alla dicshunary. Niente di nuovo, senonchè il tutto viene riproposto secondo un’estetica minimale e una semplicitá tautologica che sembra mirare ad un crash della mente piuttosto che del browser: l’inanitá di un’arte concepita come una successione di ‘gesti inutili’, secondo il titolo di un’installazione di due TRAUMAboys (Rebecca Janes & Jeff Hatt) di cui verrá presto approntata una versione ipertestuale.
(domenico quaranta)
trauma
OMEG (One Month Empty Gestures)
Vuk Cosic
Alexei Shulgin
Heat Bunting
dicshunary