Arte interattiva: divertente o irritante?
La querelle non è proprio nuovissima. Fan e detrattori della cosiddetta “arte interattiva” battagliano a colpi di saggi e articoli da oltre 2 decenni. Ma periodicamente la questione sembra riproporsi. A farlo stavolta è Sarah Boxer dalle autorevoli colonne del New York Times. La giornalista americana racconta, con uno stile ironico e pungente, la propria visita al Boston Cyberarts Festival.
L’arte interattiva, quella per capirci in cui lo spettatore è invitato (costretto?) a spingere leve, premere bottoni, toccare e invadere l’opera per far sœ che essa si “attivi” nel modo giusto, viene giudicata dall’autrice frustrante, troppo rituale, sgraziata. Rivendicando il diritto allo spettatore di godersi, fermo e possibilmente con calma, la semplice visione delle opere d’arte. Le viene in aiuto Nam June Paik, veterano della videoarte con la sua opera “parcheggiata” fuori dal museo DeCordova: una Chrysler del ’36 dipinta d’argento, con schermi e colonna sonora mozartiana: “Niente interazione. Nessuna istruzione”.
L’articolo del New York Times
“L’articolo segnalato su Newsgrist“